sabato 19 gennaio 2008

Captcha



Ogni giorno, in tutto il mondo, scriviamo su Internet 60 milioni di captcha: l'equivalente di due enciclopedie

Chi sa cos'è un captcha alzi la mano. Io l'avrei tenuta abbassata fino a pochi minuti fa quando mi sono imbattuta in un articolo su Internazionale che spiega che anche quelle parole distorte e sfocate che dobbiamo scrivere per lasciare un commento o accedere a una pagina hanno un nome. Sì perchè i captcha sono per l'appunto quelle paroline spesso di nessun senso da trascrivere esattamente quando vogliamo postare commenti o confermare iscrizioni. E' un modo per dimostrare al computer che siamo esseri umani e non macchine come se fosse un test di Turing inverso.
Nel caso di Internet il problema di distinguere macchine e uomini è sorto con i primi software nati per ingannare motori di ricerca o per influenzare i risultati dei sondaggi, per diffondere spam sui siti, su forum o nei blog. Per questo il captcha, che può essere riconosciuto, perchè distorto e quindi unico, come una calligrafia, solo dall'occhio umano.
Alla Cernegie Mellon University, dove hanno coniato anche il termine, hanno calcolato che in tutto il mondo vengono impegnate oltre 150 ore di lavoro giornaliere per trascrivere captcha. E così facendo scriviamo l'equivalente di 2 enciclopedie, ma composte da parole senza senso. E allora si sono inventati recaptcha, ovvero l'archiviazione digitale di tutti i libri e documenti che la nostra cultura ha prodotto prima dell'era digitale. I programmi di lettura hanno difficoltà a decifrare esattamente i testi i cui caratteri non sono netti e puliti. Recaptcha fornisce ai siti che usano i captcha singoli brani di testo che un pc non è in grado di trascrivere esattamente: e quando voi capitate sui quei siti e decifrate un chapta la vostra risposta contribuirà all'archiviazione per i posteri della conoscenza universale.

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